L’ ERRORE FATALE DI HITLER

Un recente processo di rilettura critica della storia ha parzialmente riabilitato fatti e situazioni legati al regime fascista, che gli storici e la storiografia ufficiale avevano sentenziato negativamente. Il revisionismo storico consiste per l’appunto nel riesaminare e nell’analizzare in maniera critica  fatti storici, sia per il venire alla luce di nuovi documenti ed evidenze, sia come reinterpretazione delle informazioni esistenti, in contrasto con la tradizionale critica storica.  Un esempio di revisionismo storico in questo senso è rappresentato dall’analisi della fondazione della Repubblica di Salò, che non fu un patetico tentativo di restaurare il fascismo, nel momento in cui  la guerra avrebbe potuto volgere  al termine in tempi rapidi e l’armistizio firmato dal maresciallo Badoglio era stato già annunciato, ma fu un nobile sforzo di contrasto ad una possibile massiccia invasione delle truppe tedesche in Italia, volto ad impedire il controllo diretto dell’Italia del Nord da parte dell’alleato tedesco, che ne avrebbe fatto terra bruciata innescando una furibonda lotta allo stremo contro le truppe americane che avanzavano dal Sud. Come Mussolini stesso ebbe a dire, ci si doveva muovere per evitare all’Italia guai maggiori. Se non avesse costituito un’amministrazione territoriale controllata direttamente da lui stesso, i tedeschi, così come avevano già minacciato, avrebbero attuato dure ritorsioni sui territori italiani, ed innescato una aspra repressione.

La sottoscrizione del Patto d’Acciaio del 22 maggio 1939  prevedeva un’alleanza offensiva per l’appoggio reciproco in caso di guerra, patto che fu criticato dallo stesso Galeazzo Ciano, che lo riteneva troppo spregiudicato. Ciò che spesso non si considera è che il Patto d’Acciaio  sottintendeva ed implicava un impegno di consultazione reciproca dei due alleati, prima di voler intraprendere delle azioni militari offensive. Se questa previa consultazione veniva a mancare, come di fatto è venuta a mancare, l’altro alleato avrebbe potuto anche non fornire il suo apporto. E così fu, quando il Duce fu informato dai tedeschi della loro volontà di attaccare la Polonia, non diede esecuzione al patto dichiarando la mancanza di preparazione dell’Italia. Molti si sono pronunciati contro la decisione di partecipare alla guerra, decisione secondo alcuni presa molto affrettatamente e nonostante tutti i tentativi effettuati da molti per evitare l’intervento bellico. In realtà, come si evince dalla lettura evidente dei fatti storici, il Duce stipulando il Patto d’Acciaio si era alleato con la nazione militarmente più forte in Europa, e voleva entrare in guerra con  un’azione tempestiva solo nel momento in cui la guerra sembrava ormai già vinta. Nel caso in cui l’Italia non avesse partecipato al conflitto, non solo avrebbe perso credito nei confronti del Fuhrer, ma non avrebbe neanche partecipato al tavolo delle trattative per la spartizione dei territori conquistati, e per le decisioni inerenti l’assetto organizzativo dell’Europa stessa. In altri termini, Hitler avrebbe potuto accusare il Duce di alto tradimento, nonostante nutrisse una profonda ammirazione per lui, ed avere quindi un pretesto per invadere l’Italia rapidamente senza particolari problemi di resistenza. Ciò avrebbe sentenziato la fine dell’epoca fascista e l’Italia sarebbe diventata una land tedesca, come lo era diventata l’Austria ad esempio. Nella realtà dei fatti l’alleato tedesco si dimostrò sempre fedele all’Italia e corse sempre in suo aiuto, anche quando il Duce per portare avanti l’idea della guerra improvvisa e tempestiva, attaccò la Grecia senza informare Hitler, e le truppe Italiane vennero respinte da quelle greche, fu solo grazie all’apporto dei tedeschi che fu possibile invadere la Grecia.  La stessa liberazione del Duce caduto prigioniero, fu operata mirabilmente dai tedeschi, che gli diedero la possibilità  di fondare la Repubblica di Salò nel nord Italia. Una volta stipulato il Patto d’Acciaio, il Duce si mosse nel modo più coerente possibile con questo, volendo portare all’Italia il massimo vantaggio con il minimo danno collaterale possibile. Tanto forti erano queste ragioni che all’epoca non si creò un forte movimento di opposizione all’intervento in guerra dell’Italia. Il 1° giugno 1940 Mussolini dichiarò guerra alla Francia e all’Inghilterra, senza che nel Paese si sollevasse una vera mobilitazione e che si creasse un movimento antagonista, in quanto ormai tutta l’Europa era nella mani di Hitler, che fino a quel momento si era rivelato essere l’alleato più forte. Purtroppo mentre il Fuhrer aveva conquistato in tempi molto rapidi vasti territori, altrettanto rapidamente era cominciata la via della sua disfatta, imputabile solo a lui stesso, e causata dalla sua irrevocabile decisione di invadere la Russia. Hitler con un tragico errore di strategia militare, non tenendo conto di quanto era già accaduto a Napoleone, lasciava parzialmente scoperto il fronte occidentale, rinunciando a dare il colpo di grazia agli Inglesi, nel momento più adatto e favorevole per poterlo sferrare, illudendosi di poter trattare successivamente con questi, poiché sentiva il popolo inglese, in quanto popolo nordico, affine al popolo tedesco. In realtà lasciò il tempo all’esercito inglese  di riorganizzarsi anche e soprattutto con gli aiuti forniti dagli Stati Uniti in termini economici e di risorse belliche. Il comportamento di Hitler fu dettato solo da un eccesso di coerenza solo in linea teorica con sé stesso e con le proprie ideologie, ed anche da una scarsa comprensione della realtà,  e da un’incapacità di muoversi su di un piano tattico e strategico. Invece di far cessare la guerra e di consolidare il governo dei territori già conquistati, li dilapidò ed impoverì per sostenere la campagna di Russia, che, oltre a rivelarsi fatale, costituiva un tragico controsenso. Infatti sino a quel momento i rapporti tra la Germania e la Russia erano stati di una proficua collaborazione anche su un piano militare, ed in termini sostanziali si può dire che l’impalcatura del nazionalsocialismo tedesco  assomigliava in un certo senso a quella del bolscevismo russo, dal quale tuttavia differiva  per motivi ideologici. Infatti furono soltanto motivi ideologici, gli stessi esposti chiaramente nel MEIN KAMPF, che spinsero Hitler a dichiarare guerra alla Russia, per conquistare per il popolo tedesco un necessario spazio vitale verso Est. Ciò che spingeva Hitler ad agire in tal modo anche  rompendo il patto di non aggressione RIBBENTROP-MOLOTOV, non fu una volontà di ritornare alla precedente situazione delineata dall’accordo ANTICOMINTERN che fu un mero patto di propaganda anticomunista, ma essenzialmente l’avidità di conquista dei vasti spazi e delle ingenti ricchezze minerarie della Russia. In definitiva la guerra al bolscevismo costituiva solo un motivo secondario. La strategia vincente sarebbe stata quella di rimanere fedele al patto RIBBENTROP-MOLOTOV, le cui clausole impegnavano Hitler e Stalin a non appoggiare stati in guerra con uno dei contraenti, le democrazie occidentali sarebbero rimaste così isolate, e nello stesso accordo venivano anche definite le reciproche sfere di interesse nell’Europa Orientale. Hitler nell’iniziare la guerra contro la Russia non volle tenere in considerazione il parere degli esperti di strategia militare che gli consigliarono anche di ritirarsi dopo il verificarsi delle prime sconfitte, e sottovalutò molti fattori. Purtroppo l’iniziale rapido avanzamento delle truppe tedesche sembrava dargli apparentemente ragione. Tuttavia, data l’estensione della Russia, queste iniziali conquiste territoriali erano tanto poco decisive quanto lo erano state quelle di Napoleone, almeno fin quando i tedeschi  non fossero riusciti ad annientare le armate russe, che evitavano lo scontro diretto retrocedendo. L’obiettivo di penetrazione rapida era ancora assai lontano quando l’inverno russo sopraggiunse in anticipo, e anche la resistenza dei russi incominciò a farsi più ostinata. A questo punto seguì una serie di inconvenienti che capovolsero le sorti della guerra, prima quasi inavvertitamente, poi con sempre maggiore chiarezza mostrarono ad Hitler i limiti delle sue possibilità, ma egli non volle mai ritirarsi ed abbandonare l’impresa della conquista dell’Unione Sovietica. Prima ancora della fine dell’anno 1941 la guerra europea condotta su fronti isolati, che fino a quel momento aveva assicurato alla Germania ed all’Italia la superiorità, era divenuta una guerra mondiale, il cui controllo sfuggiva a poco a poco dalle mani di Hitler. L’attacco tedesco alla Russia segnò una svolta non solo nella guerra europea, ma anche nell’evoluzione politica mondiale. Il nuovo attacco tedesco liberò l’Inghilterra da un isolamento che durava da più di un anno : Churchill garantì immediatamente alla Russia tutto l’aiuto possibile della Gran Bretagna. Il conflitto da quel momento assunse dimensioni mondiali e non poté più  essere controllato dalle potenze dell’ “Asse”, che pur dominavano su due terzi dell’Europa, l’aver innescato una guerra su più fronti si rivelò fatale. L’aggressione tedesca fece inoltre dell’Unione Sovietica la più valida avversaria del nazismo, e delle sue pretese di dominio sul mondo, dando anche libertà d’azione a tutti i movimenti comunisti clandestini. Un altro grave errore di Hitler fu quello di riprendere nel giugno del 1942 la campagna contro la Russia, dopo che l’aveva momentaneamente sospesa per le difficoltà legate al sopraggiungere dell’inverno e di non ripiegare nonostante i consigli che gli venivano da ogni parte, allontanando le truppe  da Stalingrado. Freddo, ghiaccio e neve, unitamente ai contrattacchi sovietici avevano notevolmente indebolito la Wehrmacht, escludendo la possibilità di una nuova gigantesca offensiva paragonabile all’Operazione Barbarossa dell’anno precedente. La VI armata al comando del generale Paulus, raggiunse il centro di Stalingrado,  incuneandosi nel fronte russo (in gergo militare si parla di saliente), ma non eliminò i nuclei di resistenza che le tendevano continuamente trappole ed imboscate. Tuttavia se un “saliente” non evolve in sfondamento, le buone regole della pratica militare impongono la rettifica del tratto di fronte interessato, prima che scattino le contromisure del nemico che attaccherà il saliente alla base ed ai lati. I sovietici, come era del resto ovvio, attaccarono i due lati del saliente di Stalingrado, che si era creato dall’incunearsi della VI armata nel fronte russo. La VI armata tedesca fu rapidamente accerchiata rendendo vani i tentativi di Manstein di intervenire in soccorso dall’esterno della “sacca” che si era creata. Quando Manstein giunse nei pressi della sacca aveva già esaurito tutta la sua forza propulsiva, ed Hitler fece l’errore di impedire a Paulus di andare incontro a Manstein per rinvigorire il fronte. Hitler era fermamente convinto che la Russia non disponesse di ulteriori riserve da impiegare in operazioni militari, e rifiutò qualsiasi suggerimento volto alla modifica della traiettoria del saliente perché avrebbe comportato l’allontanamento da Stalingrado, e mantenne quella posizione anche una volta scattata la trappola, posizione che era priva di qualsiasi logica da un punto di vista tecnico. Non acconsentì alla richiesta di Paulus di ripiegare per evitare l’accerchiamento da parte dei sovietici, ed ordinò di attaccare ad oltranza.  L’annientamento della VI armata tedesca a Stalingrado segnò la prima grande sconfitta militare della Germania nazista e l’inizio dell’avanzata sovietica verso Berlino.  Se prima della campagna di Russia, la guerra che Hitler aveva scatenato in Europa, anche se non giusta, poteva dirsi almeno necessaria per realizzare in breve termine una unione politica ed economica su uno spazio geopolitico in cui ancora oggi stenta a realizzarsi, con l’attacco all’Unione Sovietica, la guerra diviene globale, e mossa solo da istinti di conquista legati ad un ideologia pseudoscientifica (quella della superiorità della razza), e si dimostrerà fatale per i Paesi dell’Asse. Nell’intera gestione della campagna di Russia, Hitler dimostra di essere in balia di una schizofrenica incapacità di comprensione della realtà dei fatti, che non gli consente di ben interpretarli, né di adeguare il suo comportamento adattandosi alla realtà stessa. Tutto questo, malgrado lui stesso, decretò la sua fine e la fine del Terzo Reich, nel modo più atroce possibile, così come magistralmente descritto nel film “la Caduta” di Oliver Hirschbiegel. La serie di tragici errori commessi dal Fuhrer, fanno ricadere inesorabilmente solo su di lui stesso tutte le colpe della catastrofe lasciando indenne la figura del Duce. Quando Mussolini intervenne in guerra  non era all’inizio una guerra totale, e già mai avrebbe voluto  che lo divenisse, né che  divenisse una guerra ideologica. Le previsioni e le aspettative iniziali, del tutto realistiche, erano quelle di una guerra lampo, con il minimo aggravio di perdite. Una semplice dichiarazione di neutralità non avrebbe soddisfatto per niente la potente Germania del Terzo Reich, che non avrebbe risparmiato l’Italia dall’invasione e dal sottoporla sotto il suo dominio, mentre in caso di vittoria l’alleato tedesco sarebbe comunque rimasto fedele all’Italia ed alla volontà del Duce. Mussolini non avrebbe mai potuto immaginare che il Fuhrer avrebbe condotto in maniera così spregiudicata, personale e folle la campagna di Russia, prendendo egli stesso di fatto, sebbene a distanza, il comando  degli eserciti in prima linea, senza tenere conto delle direttive dei suoi generali, che da veri abili strateghi militari gli consigliavano tutt’altro. Il capo supremo del Terzo Reich, divenne così inevitabilmente vittima del suo delirio di onnipotenza.

 

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